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al testo di Amina Narimi
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Dopo la battitura dell’oceano nel sesto giorno della quindicina chiara, all’inizio dei monsoni e la semina del riso, veniva col frutto dell’albero di bel [ suo seno e primo sposo ] con ghirlande di tageti, poste ai piedi, veniva Myanmar.
Lei era lassù, scendeva dal freddo insieme al fiume senza fretta. Lui non fece in tempo ad accorgersi del suo indugiare, che era già oltre. Immediatamente capì di averla raggiunta troppo tardi in un altro corpo. In un altro corpo se la trovò di fronte.
La sua pelle sapeva di limone quando il salice dell’arpa lacrimò sul timbro della voce, proprio sesso, nella forma di lingam.
Fu un sibilo soltanto, misura di lago, dove adagiarsi. L’obbedire la fecondò, divenendo contorno la figura il negativo spiraglio di salvezza, la porzione più chiara del loro anello.
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